Come posso insegnare al mio bambino a dormire?

Attorno all’argomento SONNO DEI BAMBINI si sono strutturate, nel tempo, molte convinzioni, spesso in conflitto con ciò che dice la scienza. Questi “miti” culturali posso essere anche molto dannosi e creare frustrazione nei genitori.

Prima di iniziare ci tengo a sottolineare che, in questo testo, utilizzo i termini al maschile “bambino” “bambini” per evitare che gli asterischi rendano pesante la lettura dell’articolo, ma sono intesi come generici.

Iniziamo col dire che, in generale, in assenza di patologie, i bambini sanno dormire, sin dalla nascita, e anche prima. Già nell’utero, infatti, dormono, e anche molto, e questo è fondamentale per uno sviluppo adeguato. Dopo la nascita, nei primi mesi, il sonno continua ad occupare gran parte della giornata poiché, durante la nanna, si verificano processi importantissimi: la produzione di ormoni, tra cui l’ormone della crescita, la maturazione degli organi, la crescita dei neuroni e delle loro interconnessioni, la rielaborazione delle esperienze vissute nei momenti di veglia e la fissazione in memoria dei nuovi apprendimenti.

Nei primissimi mesi il sonno non segue ritmi regolari perché il corpo del neonato non sa produrre melatonina in autonomia ma utilizza quella assorbita dalla mamma durante la gravidanza. Dal terzo mese circa inizia questa produzione e il sonno si concentra pian piano maggiormente di notte (ecco perché, per facilitare l’acquisizione del ritmo circadiano di sonno/veglia, è importante che di giorno il piccolo non dorma al buio).

Come funziona il sonno dei bambini?

Comprendiamo quindi, sulla base di quanto abbiamo detto, che non è necessario insegnare ai bambini a dormire, perché lo sanno già fare, anche se in modo diverso dagli adulti! Ciò che è importante fare è, invece, accompagnarli nell’avventura del sonno, così come, in generale, facciamo per le sfide della vita diurna. Nessuno si sognerebbe di chiedere ad un bambino di iniziare a camminare da solo, senza dargli sostegno e incoraggiamento per il tempo necessario, oppure di svezzarsi in completa autonomia, senza proporre cibi adeguati e supervisionare ciò che accade… e allora perché per il sonno dovrebbe essere diverso?

Per conquistare un sonno simile a quello dei genitori, il bambino deve raggiungere un’adeguata maturazione cerebrale. Il sonno dei bambini si compone, infatti, di cicli più brevi, che durano circa 50-60 minuti, contro i 90 degli adulti, e al termine di ogni ciclo c’è un microrisveglio, che noi adulti abbiamo imparato a bypassare concatenando le fasi l’una all’altra. I bambini devono ancora acquisire questa abilità di concatenamento, che svilupperanno, attorno ai 5-6 anni, quando il sonno diverrà simile a quello dei grandi, sia per tempi che per fasi. Come possiamo pretendere, allora, che già a 6 mesi o 1 anno, i bambini dormano da soli, nella loro cameretta, tutta la notte, senza chiedere l’intervento dell’adulto nei momenti di risveglio?

Inoltre dormire da soli tutta la notte presuppone la capacità di staccarsi dalle figure di riferimento per tante ore e, per poterlo fare, i bambini devono aver raggiunto un adeguato livello di autonomia, che è difficile aver acquisito già nei primissimi anni di vita (tenendo sempre in mente che ogni persona è diversa, ha caratteristiche proprie e che possono esservi eccezioni rispetto a quanto abbiamo detto fino ad ora).

Ciò che si dice sul sonno dei bambini è sempre vero?

Sul sonno infantile, nella nostra cultura, ci sono moltissimi pregiudizi e convinzioni che contrastano nettamente con la realtà e non trovano conferma nelle ricerche scientifiche. Spesso consideriamo una situazione come derivante da un “problema di sonno” perché abbiamo aspettative sbagliate, fondate su credenze culturali erronee e informazioni scorrette.  Adeguate conoscenze sulla fisiologia e sullo sviluppo infantile ci mettono al riparo da questi errori e dovrebbe essere garantita una formazione corretta su questo tema a tutti i futuri genitori.

Vediamo ora insieme quali sono i falsi miti più diffusi sul sonno e la sua gestione nei primi anni di vita, e cosa possiamo imparare a riguardo:

1. I bambini devono dormire tutta la notte, fin dai primi mesi, se non lo fanno è perchè i genitori non glielo insegnano oppure perchè soffrono di un disturbo del sonno

I risvegli notturni sono fisiologici e si protraggono, solitamente, fino a 4-5 anni di vita, quando la produzione di melatonina inizia ad essere simile a quella dell’adulto e il sistema neurologico è sufficientemente maturo. Il risveglio frequente, soprattutto nei primi mesi di vita, è protettivo anche per la SIDS (la cosiddetta “morte in culla”). Come abbiamo visto sopra, non è necessario “insegnare a dormire” perché il piccolo lo sa fare, ciò che è importante è conoscere la fisiologia e non interferire con il processo di acquisizione dei ritmi di sonno/veglia (ad esempio evitando di svegliarlo quando è in fase di sonno profondo).

Inoltre teniamo presente che non sono i risvegli ad essere sintomo di un disturbo del sonno ma il fatto di non riuscire più a riaddormentarsi, anche per ore, dopo essersi svegliati (cosa che accade frequentemente nei bambini che presentano un disturbo del neurosviluppo).

2. “Serve un metodo o una routine per imparare ad addormentarsi da soli

Non esiste, e non può esistere, un metodo perché ogni persona e situazione è diversa dall’altra e ciò che può andare bene per una famiglia non potrà andare bene per quell’altra. I metodi ignorano e annullano le differenze individuali e, oltre a non essere risolutivi, possono essere molto dannosi perché non rispettosi della fisiologia e delle esigenze personali. Ecco perché suggerisco sempre di stare alla larga da metodi predefiniti applicati indistintamente e da chi li propone.

Le routine possono aiutare ma non sono indispensabili per un buon sonno: hanno lo scopo di facilitare e rendere prevedibile il momento della messa a nanna, sono utili per rassicurare il bambino, ma non devono diventare una schiavitù.

3. Farlo piangere e lasciare che si riaddormenti da solo può essere un buon metodo e non provoca alcun danno

Durante il pianto vengono prodotti ormoni dello stress, come adrenalina e cortisolo, che possono avere un impatto negativo sul sistema neurologico e immunitario. Inoltre, anche se il bambino si riaddormenta, non vuol dire che sia tranquillo e abbia serenamente accettato di addormentarsi da solo ma, spesso, è sfinito e rassegnato, ha capito che nessuno risponderà al suo richiamo. In questo modo imparerà che non può aspettarsi aiuto quando ne ha bisogno, e ciò potrebbe ostacolare l’instaurarsi di un adeguato legame di attaccamento e di una relazione basata su sicurezza e fiducia con gli adulti di riferimento.

IMPORTANTE: rispondere al pianto in modo tempestivo, (soprattutto quando il bambino è un pò più grande) non significa cedere a limiti o regole che abbiamo definito, e per le quali il bambino sta manifestando frustrazione o disappunto, ma significa non lasciarlo solo, essere presenti per contenere, sostenere, verbalizzare ciò che sta provando in quel momento, seppur rimanendo coerenti con la regola o il limite proposto.

4. “Se dorme vicino a me o se rispondo sempre alle sue richieste non imparerà mai ad essere autonomo

Il percorso verso l’autonomia passa obbligatoriamente dalla dipendenza, passo dopo passo, e non dalla frustrazione dovuta a distacchi veloci e molto sofferti. I bambini hanno bisogno di contatto e rassicurazione, anche, e soprattutto, di notte. Il contatto è ciò che, più di ogni altra cosa, fornisce sicurezza, contenimento, permette di affrontare adeguatamente momenti di stress e sviluppare resilienza. Rispondere prontamente ai suoi bisogni non significa viziarlo ma significa, invece, costruire la base per lo sviluppo di adeguata autostima e fiducia nell’altro anche in età adulta.

5. Se smetto di allattare al seno e passo al latte artificiale dormirà tutta la notte

Non c’è garanzia del fatto che i bambini allattati con formula dormano tutta la notte senza svegliarsi e, infatti, spesso non è così. Come abbiamo visto, i risvegli sono fisiologici e, nei primi mesi, sono dovuti anche alla fame. Successivamente, quando le quantità di cibo assunte sono sufficienti per non aver fame di notte, i risvegli posso continuare ed esser dovuti all’immaturità del sistema neurologico e alla fatica di staccarsi dalle rassicuranti braccia dei genitori.

Pertanto non è l’allattamento al seno che favorisce i risvegli ma, anzi, l’allattamento al seno può essere protettivo per il sonno della mamma e del piccolo perchè facilita e velocizza il riaddormentamento, fornendo nutrimento e rassicurazione in un unico gesto.

6. “Dormire tutti insieme nel lettone è sconveniente e pericoloso

Fino a qualche anno fa, lasciare che i bambini dormissero nella stanza dei genitori era considerato un grave errore educativo. Successivamente diversi studi hanno dimostrato che il contatto, soprattutto nei primi mesi, è fondamentale, sia di giorno che di notte, per favorire una crescita adeguata e l’instaurarsi di un buon legame di attaccamento.

Come abbiamo visto, non esiste un modo giusto e uno sbagliato di rispondere ai bisogni dei bambini, ma esistono le modalità più adeguate per quella determinata famiglia. In ogni caso è importante conoscere le regole per un sonno sicuro, sia che si scelga il sonno condiviso (co-sleeping) nello stesso letto (bed-sharing) o conservando ciascuno un proprio spazio(room-sharing), sia che si opti per il sonno solitario (solitary sleeper) nella propria cameretta.

Nello specifico caso della condivisione del letto, l’Accademia Americana di Pediatria, in base alle attuali evidenze disponibili, raccomanda di non dormire nello stesso letto in alcune circostanze ritenute più a rischio, ad esempio nel caso di bambini con meno di 4 mesi, nati pretermine o di basso peso e non allattati al seno. La condivisione del letto va evitata anche se i genitori sono fumatori, gravemente obesi, fanno uso di alcol, farmaci o sostanze psicoattive, o se non sono in buone condizioni di vigilanza (molto stanchi o malati).

Qui puoi approfondire le regole per un sonno sicuro da applicare sempre, qualsiasi sia la soluzione che hai scelto per la tua famiglia: https://www.suidsidsitalia.com/nuova-pubblicazione-linee-guida-2022-a-a-p-prevenzione-e-la-riduzione-di-eventi-improvvisi-e-inaspettati-che-si-verificano-durante-il-sonno/

Per concludere e tirare un pò le fila del nostro discorso, abbiamo visto insieme che conoscere la fisiologia del sonno dei bambini mette al riparo da false aspettative, da metodi inefficaci o dannosi. La corretta informazione permette, inoltre, di rispondere adeguatamente ai bisogni dei piccoli e favorire un corretto sviluppo neurologico ed emotivo-affettivo, in vista della futura conquista di autonomia.

Ricordiamoci sempre che:

1. i genitori perfetti non esistono,

2. sono i genitori i veri esperti del proprio bambino,

3. si impara ad essere genitori per tentativi ed errori,

4. è molto utile imparare ad osservare il proprio bambino e seguire il proprio istinto più che i “consigli” che arrivano dall’esterno.

Se hai bisogno di aiuto per approfondire la tematica del sonno e riconoscere qual è la tua/la vostra strada rivolgiti solo a professionisti preparati e specializzati, regolarmente abilitati e con titoli riconosciuti a livello sanitario. La salute e il benessere sono troppo importanti!

BUONA NANNA A TUTTI!

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