L’aborto spontaneo è un evento frequente, molto più di quanto si pensi. E’ anche un lutto difficile da elaborare perchè perdiamo una persona ancora prima di conoscerla, ma già ben presente nella nostra mente. E allora perchè se ne parla così poco?

“Mi dispiace, non c’è più battito.” Poche parole, ma pesanti come un macinio, quelle che ci possiamo sentir dire in occasione di un controllo di routine o dopo qualche sintomo sospetto. La gravidanza si è interrotta e quest* bambin* non sarà mai tra le nostre braccia. Potranno essercene altr*, magari, ma non sarà quest*. Ecco che tutto crolla in un istante e un insopportabile senso di vuoto sovrasta tutto. Sembra, però, che di questo terribile dolore non importi a nessuno, che sia meglio non parlarne, che si debba far finta di niente.
Erroneamente, infatti, è opinione comune che perdite precoci (come quelle che avvengono nel primo trimestre di gravidanza) abbiano un impatto psicologico minore nei genitori e nei parenti rispetto ad aborti che avvengono più avanti, così come si pensa che dopo il parto tale evento sia molto più duro da sopportare. E’ proprio in questi momenti, infatti, che vengono pronunciate frasi come: “per fortuna eri solo all’inizio“, “vedrai che ne avrete presto un altro“, “dai, ne hai già uno, pensa a chi non può averli” e così via. Questi commenti non fanno altro che alimentare l’idea che non ci si può permettere di stare troppo male per un aborto spontaneo precoce, per aver perso una persona che non abbiamo nemmeno mai incontrato.
Aborto spontaneo: un evento molto frequente, più di quanto si pensi
Come abbiamo visto, di fronte ad un aborto, l’evento di perdita può risultare poco comprensibile all’esterno perché non ci sono ricordi condivisi, si piange un bambino “sconosciuto” al mondo.
Eppure, sono tante le persone che hanno vissuto l’esperienza di questa perdita. Secondo le statistiche, il 15-25% delle gravidanze conclamate (cioè riconosciute) si interrompe spontaneamente nel primo trimestre. Addirittura si arriva ad oltre il 50% di aborti spontanei considerando tutte le gravidanze che si interrompono, anche quando la donna non si accorge di essere incinta.
Ma come può una donna non accorgersi di una gravidanza che inizia e finisce? Questo accade perchè, se non si sta intenzionalmente cercando una gravidanza, e quindi se non si è troppo attenti a giorni e sintomi, si può pensare ad un semplice ritardo della mestruazione. Effettivamente, se durante questo ritardo non viene effettuato un test di gravidanza o il dosaggio delle beta-hcg, quando la mestruazione arriva molte donne non sanno né sapranno mai che in realtà quel ritardo è stato, invece, un inizio di gravidanza che si è, poi, interrotta molto precocemente (la cosiddetta gravidanza biochimica).

Aborto spontaneo: è un processo naturale e non è utile colpevolizzarsi
Non è facile riconoscere le cause di una interruzione precoce di gravidanza, in particolare quando l’embrione è troppo piccolo per poter essere visto con l’ecografia. La ricerca della causa dell’aborto, però, è spesso l’unica cosa a cui proviamo ad aggrapparci per non sentire di aver sbagliato qualcosa, che avremmo potuto fare di più o meglio.
Provare sensi di colpa è normale in questo momento ma, razionalmente, è importante essere consapevoli che non è a causa nostra se la gravidanza non è andata a buon fine. Spessoo ci colpevolizziamo analizzando cosa avremmo potuto o non avremmo dovuto fare per far si che questa gravidanza proseguisse. Possiamo, invece, provare a pensare che la responsabilità di quel che è successo è dei processi fisiologici che hanno fatto il loro dovere e hanno “deciso” che quell’embrione, probabilmente portatore di anomalie genetiche o cromosomiche, fosse incompatibile con la vita. Questo, anzi, è un segnale di buon funzionamento dell’organismo della donna, che ha riconosciuto l’anomalia e ha bloccato il processo nelle sue fasi iniziali.
Parlare con il proprio medico di fiducia e ragionare sulle possibili cause dell’interruzione è una buona strategia per mitigare il senso di colpa. Colpevolizzarsi, al contrario, peggiora il malessere e ci toglie energie che potremmo impiegare per affrontare il dolore e prenderci cura di noi in questo momento così faticoso.

Cosa fare per stare meglio dopo un aborto spontaneo?
- ATTRAVERSARE IL DOLORE: concedersi di soffrire e lasciarsi attraversare dalle emozioni, anche le più spiacevoli, aiuta a favorire il recupero del benessere. Cercare di silenziare ciò che sentiamo, negare la sofferenza, non è utile a risolve il problema, anzi, lo ingrandisce e lo rende ancor più faticoso da superare.
- CONDIVIDERE: è importante esternare il disagio che si vive, sia con il partner, per condividere questo momento doloroso e facilitare il rispecchiamento negli occhi dell’altro, sia con qualcuno di esterno alla coppia che possa ascoltarci con empatia e senza giudizio, per alleggerire il carico.
- ALLESTIRE UN RITO DI SALUTO: nel lutto prenatale ciò che manca sono proprio i ricordi, a cui potersi aggrappare per mitigare il dolore. Ecco che pensare e realizzare un semplice momento di saluto, attraverso la scelta del nome, qualche frase scritta, un disegno, un manufatto, una piantina, qualsiasi gesto che si abbia piacere di fare in un momento come questo, costituisce una ritualità che ci permette di esprimere ciò che proviamo e dare un confine, un contenitore a questo enorme dolore.
- CIRCONDARSI DI CALORE E AFFETTO: chiedere aiuto a chi ci vuole bene, come familiari o amici intimi, anche per svolgere faccende pratiche quotidiane come la preparazione dei pasti, le attività della famiglia, dando loro modo di starci accanto e alleggerirci in questo momento così faticoso.
- CONCEDERSI IL TEMPO PER ELABORARE L’ACCADUTO: quantificare il tempo necessario per l’accettazione e l’elaborazione di questo lutto non è possibile perchè ciascuno di noi ha un suo personale modo di reagire agli eventi della vita. Indicativamente è ritenuto “nella norma” un tempo che va da alcuni mesi fino a due anni. E’ importante aver rielaborato questa perdita prima di pensare ad una nuova gravidanza, per poterla vivere con la dovuta serenità.
- RIVOLGERSI A UN PROFESSIONISTA: se ci rendiamo conto che da soli facciamo troppa fatica a gestire il dolore, ci sentiamo sopraffatti dalle emozioni che proviamo o ci accorgiamo che la fatica si sta protraendo troppo a lungo è importante rivolgersi ad un professionista specializzato come lo psicologo esperto in psicologia perinatale.

“Date al dolore la parola; il dolore che non parla, sussurra al cuore affranto e gli dice di spezzarsi“
W. Shakespeare